a casa di ross
a casa di ross
Sono la leggenda della musica da camera: il Quartetto Italiano, nella fattispecie: Paolo Borciani primo violino, Elisa Pegreffi secondo violino, Piero Farulli viola, Franco Rossi violoncello. I cognomi li ho sempre recitati come si recitano i nomi di una squadra di calcio: Borciani Pegreffi Farulli Rossi. Borciani, Pegreffi e Rossi si sono conosciuti nel ’40, e, nel ’42 si unì a loro Farulli, all’accademia musicale chigiana, di Siena: sarebbero rimasti insieme sino al 1980 (anche se ci fu un breve periodo di avvicendamento di Farulli con Asciolla). Suonavano a memoria, cosa non facile, (per suonare a memoria bisogna che ognuno impari, oltre al proprio spartito, anche lo spartito degli altri tre colleghi), ed unirono la tecnica rigorosa, il rispetto per il segno musicale, al canto all’italiana e la profondità della ricerca. Nacquero già all’insegna della novità e della modernità, in quanto per la prima volta una donna entrò a far parte di un complesso cameristico. La discografia è abbondante, ma a me è caro un volumetto con l’integrale dei quartetti di Mozart, edito dalla Philips. La nuova popolarità del quartetto, intorno al 1770, nacque dall’interesse degli appassionati di musica, che volevano suonare insieme, a casa propria, senza avere bisogno di uno strumento a tastiera che funzionasse da basso continuo, come, appunto il clavicembalo. Mozart, appena quattordicenne ma già acclamato virtuoso e compositore dell’epoca, colse questa esigenza, e si lanciò nell’impresa: il suo primo quartetto, scritto a Lodi, è datato 15 Marzo 1770. In questi otto dischi ci sono tutti i suoi quartetti, inclusi quelli dedicati ad Haydn, che sono quelli più complessi, musicalmente. Posso solo dire che è difficile dire qual’è il mio preferito, perché i quartetti sono, in modi differenti, tutti belli, luminosi, musicali e cantabili; però alla fine devo ammettere che è quello più misterioso, sul quale ancora adesso i critici si arrovellano, il quartetto in do maggiore, delle dissonanze k465, composto nel 1785; è quello che mi colpisce sempre, ad ogni nuovo ascolto, in virtù della famosa introduzione in adagio (anziché in allegro brillante), e per via delle dissonanze, oggi attualissime ma per l’epoca estremamente ardite, che richiedono all’ascoltatore di concentrare l’attenzione sui modi melodici ed armonici più di quanto sia mai stato fatto in precedenza. Bellissimo disco che ascolto spesso.
Per saperne di più sul Quartetto Italiano:
MUSICA, MUSICA
martedì 7 ottobre 2008