a casa di ross
a casa di ross
E’ un libro che mi è piaciuto tantissimo, questo, scritto a quattro mani da Alberto Capatti, docente di Storia della cucina e della gastronomia all’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo e da Massimo Montanari, che insegna Storia medievale e Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna. Il titolo è “La cucina italiana, storia di una cultura”, edito da Editori Laterza.
Esiste dunque una cucina italiana? Si chiedono gli autori. Come si è formata? La grande varietà di tradizioni gastronomiche, specchio di un’esperienza storica segnata dal particolarismo e dalla divisione politica, infatti è l’elemento che maggiormente balza agli occhi. Così il primo capitolo viene dedicato all’Italia gastronomica, intesa come spazio fisico e mentale, partendo dagli scrittori e gastronomi dell’Impero Romano ed arrivando ad Artusi.
Il secondo capitolo esplora il mangiare all’italiana, analizzando gli ingredienti base della nostra gastronomia: i prodotti dell’orto, la polenta, le minestre, gli gnocchi; l’invenzione della pasta, e, di conseguenza, le torte ed i tortelli; le carni, il latte ed i suoi derivati, le uova, le conserve, il mangiare di magro, frutto della cultura cristiana, comune in tutta Europa.
Il terzo capitolo analizza la formazione e la trasformazione del gusto nella penisola italiana, attraverso le influenze arabe, francesi, i nuovi sapori ed odori introdotti in Italia per mezzo dei mercanti e dei crociati, come le spezie, e la preferenza per il sapore agrodolce, ereditato dai Romani. Il quarto capitolo è dedicato all’ordine delle pietanze servite a tavola, all’importanza, dunque, delle sequenze dei piatti in tavola, ed alla scelta del vino, influenzato dalle corti, dal Papato, dai ricchi borghesi. Ho letto con molto interesse il paragrafo dedicato alla morte dell’antipasto e la resurrezione del formaggio,
Il quarto capitolo è quello che maggiormente interessa noi donne, come cuoche, figlie, mamme e nipoti, ma anche i gastronomi di una volta, e cioè il comunicare la cucina: i ricettari. Come e perché sono nati, com’erano scritti, come si sono evoluti, come si sono e come si sono tramandati e come si tramandano, con cenni biografici di gastronomi conosciuti, come la Boni e l’Artusi.
Il quinto capitolo si occupa del linguaggio del cibo: in latino, in volgare, in franco italiano, nell’evoluzione post risorgimentale, nella ricerca di una lingua comune.
Molto interessante è la composizione della brigata in cucina, degli abiti del cuoco, e della trasformazione del nuovo oste in ristoratore, contenuta nel settimo capitolo. Gli ultimi due capitoli si articolano sulla scienza e la tecnica in cucina e sulle mode alimentari, e si leggono con molto interesse.
Il volume è arricchito da una accurata bibliografia che permette di ampliare ulteriormente le proprie ricerche, e costa solo dieci euro. Imperdibile per chi ama la cucina italiana e vuole saperne di più.
BIBLIOTECA GASTRONOMICA... E NON
giovedì 4 dicembre 2008