a casa di ross
a casa di ross
Oggi è il genetliaco di un musicista amato ed adorato da più di duecentocinquant’anni, l’enfant prodige per definizione, il genio musicale per antonomasia: si, parlo di Wolfgang Amadeus Mozart. Da anni ormai, festeggio la sua nascita, (arriverò anche al punto di mettere il suo busto sul pianoforte), ascoltando solo la sua musica, in questa giornata. Siccome ho realmente una discografia impressionante, è stata dura scegliere un disco... e, dopo mezza giornata di ascolti vari e di sospiri, la scelta è caduta su un disco contenente due concerti per pianoforte ed orchestra, rimasterizzati su cd da vecchie incisioni (eh già, e quando mai avrebbe potuto essere una roba moderna?) degli anni ‘50. Il concerto che apre il disco è quello in do maggiore, il numero 13, K415, il secondo è il concerto in si bemolle maggiore n°15, K450.
Perché Mozart si “inventò” letteralmente questi concerti per pianoforte? Perché, in seguito alla rottura dei suoi rapporti con il cardinale Colloredo, presso il quale Mozart era a servizio a Salisburgo, come un qualsiasi domestico, il Nostro arrivò a Vienna, deciso ad affermarsi come musicista libero ed indipendente (cosa rarissima a quei tempi: anche Haydn era a servizio presso il principe Esterhàzy). Oltre ad impartire lezioni di musica, per mantenersi, scrisse una serie di concerti per pianoforte ed orchestra, inaugurando l’era dei concerti popolari a pagamento, sperando di ottenere poi anche altre commissioni (cosa che poi infatti avvenne). Il concerto K415, fu scritto, insieme ad altri due, nella primavera del 1783, ed è un concerto per il quale Mozart ideò l’ organico orchestrale più ampio che avesse mai impiegato sino ad allora: oboi, fagotti, corni, trombe, timpani, archi. La struttura vigorosa del primo movimento, l’Allegro, rispecchia il desiderio di concepire l’orchestra come qualcosa di diverso da un semplice accompagnamento per il solista: l’attacco, con l’accordo di sol maggiore, è l’inizio di un articolato tema strutturato come un dialogo a due voci, mentre gli archi accompagnano con un felice contrappunto. Il virtuosismo della parte solistica sembra uscire da una partitura di Haendel, perché il concerto mostra i germogli di un nuovo stile, generato dallo studio delle partiture di Bach e di Haendel, appunto, conosciute proprio in quell’anno, ciò che permise a Mozart di strutturare al meglio l’espressività dello stile galante e convenzionale dell’epoca. Nel secondo movimento, un Andante in fa maggiore, Mozart torna allo stile convenzionale, con la melodia accompagnata, nella tipica forma ternaria. L’entusiasmante Rondeau dell’Allegro finale è concepito con una complessità mai registrata prima in un concerto. Il tema è si ingenuo, ma brillante, molto cantabile, mentre l’orchestra mantiene l’iniziativa anche nel secondo tema: poi il pianoforte ritorna padrone della scena, con un desolato Adagio in do minore, che sorprende, proprio per il contrasto emotivo con il clima del movimento. Alla fine del movimento l’orchestra risponde al solista, in un felice combinazione di antico e moderno: il dialogo tra pianoforte ed archi contiene una vivacità ed una vis comica assolutamente mozartiana, che trovo geniale. Alla fine il clima musicale del movimento e del concerto si riscalda e poi si risolve, la musica spegnendosi man mano , chiudendo il concerto con un imprevedibile, divertente e sorprendente trillo, sparendo come il gatto del Ceshire di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Il secondo concerto del disco, il K450, è stato scritto nella primavera del 1784. L’inizio del primo movimento, un Allegro, è uno dei più originali esordi che Mozart abbia mai scritto, un dialogo scherzoso tra oboi e fagotti, i quali attaccano il tema, al quale i violini rispondono prontamente e spiritosamente: il dialogo va avanti, sfociando in un tema comune a tutta l’orchestra, che poi stende letteralmente un tappeto rosso per accogliere l’ingresso del pianoforte: questo incipit è veramente una novità, tutto è rapido, conciso, brillante. Mozart ha finalmente donato vita ed anima all’orchestra, facendo suonare le varie famiglie di strumenti in modo indipendente, ed ignorando molte convenzioni della cosiddetta musica galante dell’epoca.
Nel secondo movimento (Mozart fece notare al padre che in questi nuovi concerti il tempo lento non era più l’Adagio, bensì un Andante) si respira l’aria serena, che circola in tutto il movimento: l’orchestra è come un fondale sulle quali il pianista vola da una parte all’altra, con felicità e leggerezza. Questo tema, in 6/8, gentile ma ben strutturato nello stesso tempo, ricorda una danza, dove pianoforte ed orchestra rapiscono ed incantano. L’incanto di questo Andante ci parla direttamente dell’anima di Mozart, perché è una musica semplice ma profonda, perché non si presenta al pubblico un divo della tastiera, bensì un uomo che esprime sentimenti autentici, anche se Mozart era un pianista di fama mondiale e di grido, e finalmente nel rondeau finale se lo ricorda: (Mozart compose questo concerto per sè, novità assoluta in un tempo in cui i musicisti lavoravano solo su commissione). Il finale è ancora uno dei colpi di genio di Mozart: con un crescendo degno di Rossini o del Bolero di Ravel, Mozart fa crescere, di ripetizione in ripetizione, l’arpeggio di si bemolle maggiore, come un fiume in piena, sino a dare a questo concerto gioioso uno strepitoso finale.
Arturo Benedetti Michelangeli, il mio pianista preferito, è un autentico genio del pianoforte, che ha lasciato sì memorabili interpretazioni di Debussy, di Schumann, di Chopin, ma che in Mozart, più che in ogni altro, per me, ha trovato il compositore ideale per esprimere la sua più vera essenza. Esponente della scuola neoclassica italiana, Benedetti Michelangeli ha trovato in Mozart il compositore in cui incarnare l’ideale di un suono puro e perfetto, di una musicalità cristallina, di un’eleganza assoluta, in una straordinaria affinità artistica. Proprio negli anni ’50 la tecnica pianistica di Benedetti Michelangeli raggiunse il culmine della perfezione, nel tocco e nel fraseggio: un vero fenomeno, di fronte al quale non posso fare altro che provare stupore ed ammirazione. Così come Canova riuscì a fare di un pezzo di marmo una donna calda e sensuale (la Paolina Borghese), così Benedetti Michelangeli è riuscito ad estrarre dalle note scritte su un foglio di carta, l’anima, il calore, di Mozart.
Il disco è edito dalla EMI. La registrazione del concerto K 450 è stata effettuata a Milano, nel 1951, con l’orchestra sinfonica da camera dell’Ente dei pomeriggi musicali di Milano diretta da Ettore Gracis, mentre il concerto K 415 è stata registrato a Napoli nel 1953 con la gloriosa orchestra “Scarlatti” di Napoli, diretta da Franco Caracciolo.
Che dire ancora, se non ringraziare l’Onnipotente per questo immenso dono che ha fatto a tutti noi....
MUSICA, MUSICA...
martedì 27 gennaio 2009