a casa di ross
a casa di ross
Dopo Edward Elgar, rimango ancora nel Novecento, per parlare di Debussy e di una parte della sua produzione pianistica, i 24 Preludi, raccolti in due libri. Il primo libro (contenente i primi 12 Preludi) è stato composto proprio cento anni fa, tra il Dicembre del 1909 ed il Febbraio del 1910, (alcuni preludi sono stati composti di getto, a volte in una giornata sola, ed alcuni in successione) e rivela la complessità strutturale e le suggestioni musicali di Debussy, che, quando si dedica alla scrittura per pianoforte (era un virtuoso di questo strumento), è nel periodo della sua piena maturità, di uomo e di musicista. Il suo desiderio di variare le sonorità lo porta a creare forme diverse, in totale libertà ritmica, armonica, periodica, attribuendo ad ogni Preludio un proprio carattere e, non solo: ad ogni preludio Debussy suggerisce i soggetti di riferimento: paesaggi, persone, elementi della natura.
Preludio... è un termine che indica qualcosa che sta per iniziare, qualcosa che però ancora non sappiamo dove ci porterà. E’ una suggestione, voluta da Debussy, il quale dice, con ciò, che bisogna saper godere del momento presente, perché il momento successivo al preludio potrebbe rivelarsi qualcosa di completamente diverso dal preludio stesso.
Debussy indicò che, almeno due di questi preludi (soprattutto “Danseuses de Delphes” e “ Des pas sur la neige”) dovessero essere suonati “entre quatre -z-yeux” (a quattr’occhi), cioè in un luogo intimo, con pochissime persone fidate, là dove il musicista - poeta possa sprofondare in se stesso e nelle sue suggestioni.
Quest’opera musicale suggerisce una linea armonica, un colore, una trasparenza, una suggestione, un’illusione. Suggerisce una direzione: Debussy apre una finestra, fa intravedere un paesaggio in lontananza, in modo da lasciare libero l’ascoltatore di seguire un proprio percorso.
Debussy desiderava dare alla musica maggiore libertà, perché, secondo lui, la musica è legata anche alle corrispondenze misteriose tra la natura e l’immaginazione, e questa libertà è legata al suono “acquoso”, morbido, risonante e sognante che lo caratterizza.
Debussy, musicista che viene definito “Impressionista” anche in senso pittorico, scrisse infatti che il preludio Danseuse des Delphes era la trascrizione in musica delle sue impressioni davanti alla grande cariatide dalla danzatrice di Delfi, che si trova in cima alla scalinata del Louvre.
Il musicista francese era un uomo affascinante, a detta di chi lo ha conosciuto, descritto come laconico, riservato, piuttosto misterioso, con frequenti sbalzi d’umore, e molto egoista; ma in realtà aveva molti contatti con musicisti, poeti, artisti, come Satie e Stravinskji; però una parte di sé era rimasta totalmente privata e segreta, preclusa agli altri. Era un uomo che amava la musica appassionatamente, e, per amore, cercava di liberarla da alcune tradizioni sterili che la impacciavano: sognava un’arte libera, zampillante, all’aria aperta, a misura del vento, del cielo, del mare. Con ciò intendeva dire che l’impressionismo musicale non è alla ricerca di suoni al di fuori della musica o nella musica stessa, bensì che i suoni prodotti dal vento o dal mare hanno una loro musicalità. Debussy, musicista sensibile, aveva percepito il legame tra i suoni della natura e la musica. Un cielo cangiante lo induceva alla contemplazione, ed era talmente rapito da questa bellezza, da invitare anche l’ascoltatore alla contemplazione, all’emozione, chiamandolo a partecipare, per esempio, alla bellezza magnifica degli alberi tesi verso il cielo, che si specchiano nelle acque brillanti e gorgoglianti di un fiume. Già cent’anni fa il compositore aveva notato che l’umanità non ascolta i mille suoni, i colori e le suggestioni della natura. Scriveva: “Esiste una misteriosa collaborazione tra l’aria, il movimento delle foglie, il profumo dei fiori e questa musica, che riunisce tutti gli elementi in un’intesa così naturale, insita in ognuno di essi. Il rumore, il movimento del mare, la curva dell’orizzonte, il vento tra le foglie, il canto di un uccello, lasciano in noi molteplici impressioni, e quando ciò si esprime in un linguaggio musicale, con una propria armonia, non si troverà nulla di più sincero. Solo così un cuore destinato alla musica farà le più belle scoperte”.
Ma non si tratta solo questo: il compositore francese era un fervido lettore, appassionato, tra l’altro, di poesia. Amava Mallarmè, Verlaine, Laforgue e, ovviamente, Baudelaire, poeti che avevano portato aria nuova, nuove sonorità e nuovi ritmi: aveva notato come la musica e la poesia siano le uniche arti a muoversi nello spazio, e ciò gli aveva dato agio di tradurre in musica alcuni versi.
“Ecco che viene la stagione quando,
fremendo sul suo stelo,
ogni fiore si svapora come un incensiere.
I suoni ed i profumi volteggiano nell’aria della sera.
Il violino freme come un cuore afflitto,
un cuore tenero che odia il nulla vasto e nero!
Valzer malinconico e languida vertigine.
Il cielo è triste e bello come un grande altare.
Tutto fugge, tutto passa,
e lo spazio cancella il rumore.”
Questo sono versi di Baudelaire che Debussy ha usato come epigrafe per uno dei suoi stupendi Preludi.
Debussy scrisse, una volta: “Cerchiamo le idee dentro di noi, intorno a noi. La musica dev’essere registrata spontaneamente dall’ascoltatore, senza che debba cercare idee astratte, nei meandri di uno sviluppo complicato. Ma chi scoprirà il segreto della composizione musicale? La musica è una matematica misteriosa, i cui elementi partecipano dell’infinito. E’ responsabile del movimento delle acque, del gioco di curve descritte dalla brezze mutevoli. Nulla è più musicale di un tramonto: per chi sa guardare con emozione è la più bella lezione di sviluppo, scritta in questo libro poco frequentato dai musicisti, che è la natura. Mi definiscono rivoluzionario, ma non ho inventato nulla: ho presentato cose antiche in modo diverso, nulla è nuovo nell’arte. Le mie concatenazioni musicali, di cui tanto si parla, non sono delle invenzioni. Le ho già udite tutte. Non nelle chiese, ma in me stesso. La musica è ovunque, non è rinchiusa nei libri. E’ nei boschi, nei fiumi, nell’aria. Io sono per la libertà, che è libera per natura”.
Insomma, Debussy usa le note come un pittore usa gli acquarelli....
Alcuni titoli dei Preludi: La cathédrale engloutie, Les collines de Anacapri, La fille aux cheveaux del lin, La Sérénade interrompue, La Danse de Puck, Minstrels, titoli molto evocativi, come questa musica.
Il disco a cui faccio riferimento è stato inciso da Arturo Benedetti Michelangeli, (Deutsche Grammophone), il quale restituisce un’esecuzione austera, solenne, esemplare per chiarezza e precisione, che però non toglie nulla al mistero, alla premonizione, all’illusione.
MUSICA, MUSICA...
venerdì 13 marzo 2009