a casa di ross
a casa di ross
Brillante, effervescente, briosa, arguta, gioiosa, la musica di Rossini. Un musicista che ho sempre amato, proprio in virtù della leggerezza e luminosità della sua musica. Nato a Pesaro nel 1792 e morto a Passy de Paris nel 1868, Rossini, come Mozart, fu un enfant prodige: scrisse le prime sonate a quattro all’età di dodici anni, (fu soprannominato “il tedeschino”, non solo per aver studiato a fondo le opere di Mozart, ma anche per la cura scrupolosa che metteva nell’orchestrazione e l’attenzione ai particolari armonici), ed a soli 14 anni, non ancora diplomato al Conservatorio, scrisse la sua prima opera, largamente applaudita, “Demetrio e Polibio”. Con “La cambiale di matrimonio”, rappresentata nel 1810 a Venezia, ebbe uno strepitoso successo, e da allora in poi conobbe un crescendo di trionfi, e parlo di opere come “Tancredi” (opera seria), “L’italiana in Algeri”, “L’equivoco stravagante”, “La scala di seta”, “La pietra del paragone” (opera con la quale esordì alla Scala), “Il signor Bruschino”, “Il turco in Italia”, “Il barbiere di Siviglia”, “La gazza ladra” “Semiramide” e “Cenerentola”, opere tutt’ora in cartellone dopo duecento anni, sempre con immutato gradimento da parte del pubblico, veri pilastri dell’opera italiana. Queste opere diventarono immensamente popolari, sia in virtù delle trame divertenti, dove i protagonisti “impazzano” e soccombono comicamente sotto alle situazioni imbrogliate (di solito al finale del primo atto, e notevoli sono, in tal senso, l’Italiana in Algeri, il Barbiere, il Turco e Cenerentola), in un crescendo brillante di virtuosismo e di sonorità entusiasmante, sia in virtù di una musica facilmente riconoscibile, cantabile, brillante, perfettamente architettata. Ma in realtà Rossini, un vero gourmand, ed amante delle belle donne, era un uomo schivo, a tratti malinconico, che scrisse pezzi sacri come la Messa di gloria, la Petite Messe Solennelle, un meraviglioso Stabat Mater, ed opere drammatiche come “Elisabetta Regina d’Inghilterra”, “Otello”, “La donna del lago”, “Armida”, “Guglielmo Tell”, “Maometto II”, ed un meraviglioso “Viaggio a Reims” (restituito alle scene grazie a Claudio Abbado, che ne ha reso un’indimenticabile rappresentazione grazie anche ad un cast stellare). Trasferitosi a Parigi, dove già si respirava aria di romanticismo, movimento al quale il musicista non volle, non riuscì ad aderire, Rossini, dopo il fallimento del suo matrimonio con il famoso soprano Isabella Colbran e la morte della sua amatissima madre, fu colpito da una grave forma di esaurimento nervoso; fu in quel periodo che si legò ad una donna, Olimpie Pélissier, che sposò dopo la morte della Colbran. Ancora giovane, quindi, nel 1831 Rossini abbandonò le scene, sia pure scrivendo partiture come le “Soirées musicales” e “Giovanna d’Arco” (per voce e pianoforte), i bellissimi Péchés de vieillesse per pianoforte. completando lo Stabat Mater e scrivendo la Petite Messe Solennelle. In queste composizioni, non destinate alla pubblica esecuzione e neanche alla pubblicazione, bensì solo alla privata esecuzione all’interno del suo salotto), Rossini manifesta la nostalgia per il passato, la sua incapacità ad adeguarsi alla moda romantica che caratterizzava quel periodo , rifacendo un po’ il verso, in chiave ironica, alla produzione di Schumann e Chopin, ma, soprattutto, esprimendo perplessità riguardo al futuro musicale. E non solo: specialmente nella Petite Messe Solennelle Rossini espone delle soluzioni timbriche ed armoniche audacissime, che anticipano quelle del Novecento, scavalcando la sgradita esperienza romantica: la riscoperta della modernità di Rossini, del suo messaggio più autentico e la sua rivalutazione sono iniziati solo da poco, verso la fine del Novecento.
Per chi desideri saperne di più su Rossini, posso suggerire un bel libro che scorre con facilità, una biografia scritta da Mario Nicolao: “La maschera di Rossini - Avventure amori vizi virtù: una vita come un romanzo”, con prefazione di Lorenzo Arruga, edito da Rizzoli.
Il disco che suggerisco per l’ascolto, è quello delle celeberrime Ouvertures. Ho la fortuna di possedere il vinile degli anni ’70, (allora fu salutato con entusiasmo e rimase in testa alle classifiche per settimane), di Abbado, alla direzione della London Symphony Orchestra, edito dalla Deutsche Grammophone, vinile considerato ancora leggendario ed insuperato: ora è in commercio la copia su Cd. Le Ouvertures sono talmente perfette e complete, dei piccoli mondi musicali, da sembrare dei poema sinfonici, specialmente l’ouverture del Guglielmo Tell. E, come tale, Karajan le sentì e le eseguì (il Cd è della EMI); poi c’è l’incisione diretta da Giulini, grande direttore, che ha restituito un’esecuzione meditata e misurata, di grande classe. Consiglio quindi l’ascolto di queste Ouvertures, per dare gioia e gaiezza all’umore e alla giornata. Garantito.
MUSICA, MUSICA...
domenica 26 aprile 2009