a casa di ross
a casa di ross
La pastiera ha un prologo ed un epilogo. Il prologo è il funesto tentativo effettuato da me un paio d’anni fa. Ora quello che resta di quella sciagurata pastiera riposa in pace in qualche remota discarica del Lazio. Era successo che avevo visto in televisione una signora napoletana che spiegava come fare la pastiera. Che ci vuole, avevo detto, prendendo appunti. Così mi ero rinchiusa in cucina: impasta, affetta, stendi, mescola, imburra, versa, inforna. La temperatura del forno mi sembrava un po’ alta, 200° per un’ora, così avevo deciso di abbassare a 180°. Ho sfornato, ma era carbonizzata fuori e, da come tremava nel tenerla in mano, decisamente cruda all’interno. Era una pastiera molto grande e pesante, perché le dosi degli ingredienti erano spettacolari. E poi ho commesso l’ultimo, terribile, fatale errore: ho aperto il gancio della tortiera apribile. La pastiera è letteralmente esplosa, ed una specie di blob schifoso si è equamente suddiviso tra il piano di lavoro ed il pavimento. Ho cominciato ad urlare, sgomenta e piena di orrore per il disastro galattico combinato, poi ho cominciato a girare per casa come Ofelia, mentre dalla mia bocca uscivano tutte le lamentazioni di Geremia. Il Gian, aduso da anni, ormai, a perigliose operazioni di soccorso coniugale e domestico, è entrato in cucina; ma non ha potuto fare altro che guardare sconsolato i miseri resti mortali, cercando invano le parole per consolarmi. Era veramente, irrimediabilmente irrecuperabile ed immangiabile. Non ho voluto assistere alle esequie. Il Gian munito di paletta e straccio da pavimenti, ha ripulito la cucina. Sono rimasta sotto choc per un paio di giorni, poi ho ripreso in mano la ricetta, cercando di capire dove avevo sbagliato, cosa avevo sbagliato. Mi è venuta in soccorso una gentile signora napoletana, Francesca, Marci nel forum di Casa Alice, spiegandomi l’arcano: le dosi erano calcolate per tre pastiere, non per una sola, gigantesca, perché a Napoli, quando si prepara la pastiera, si prepara per tutta la famiglia (quelle di una volta, dotate di una ventina di componenti, mica le “nucleari” di oggi), vicini di casa compresi, quindi si preparano cinque, sei pastiere. Era logico che fosse cruda all’interno; inoltre il forno era davvero troppo alto. E così l’anno scorso per Pasqua ci ho riprovato, (sono un tipo tosto, io, nonché pertinace) forte anche dell’aiuto di ben tre signore napoletane: Marci e Fiorella del forum di Casa Alice (che ringrazio di cuore per il generoso e spiritoso sostegno tecnico - spirituale), e Rita, cara amica e moglie del nostro carissimo amico Alessandro, che è venuta a casa nostra a preparare le sue pastiere, in modo da farmi vedere come le preparava lei (non ci si crede: quante ricette e versioni di pastiera napoletana esistono). E così questa storia ha il suo epilogo, detto anche happy ending, perché, al termine di una lungo pomeriggio operoso, verso mezzanotte abbiamo sfornato cinque squisite pastiere ed io ho definitivamente superato il trauma.
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PASTIERA NAPOLETANA
giovedì 9 aprile 2009