a casa di ross

a casa di ross
E’ scoppiato il caldo. Sole che scotta. Roba grossa. Roba da andare al mare. Il che, a Roma, significa una cosa sola: code. In autostrada, sulla Pontina, sulla Via del Mare, sull’Aurelia... su tutte, ma tutte, ma proprio tutte le strade. Ne avevamo avuto l’assaggio lo scorso primo Maggio, quando, transitando sul GRA, avevamo spalancato gli occhi nel passare accanto ad un serpente di macchine, lungo circa 30 chilometri, che occupava il tratto che partiva dal GRA uscita Nomentana sino al casello d’ingresso alla Roma Firenze. Code da gironi danteschi, ovviamente, ecumenicamente distribuite su tutte le consolari, e, anche sulla Cassia, la Veientana inclusa, al punto che ci avevamo messo due ore per raggiungere la tenuta di San Liberato, vicino a Bracciano. In città erano rimasti solo i turisti, rossi come gamberi, ed i gatti di Largo Argentina. Affrontare le lunghe e noiose code per uscire da Roma significa, di converso, affrontare le code al rientro. Impossibile sfuggire, anche con il navigatore, anche impostando rotte improbabili, fantasiose ed improponibili: rimane da ascoltare solo Isoradio, che snocciola, imperterrito, le cifre terrificanti di incidenti, tamponamenti, code, rallentamenti, restringimenti, code a tratti... Qualsiasi strada si percorra, statale, provinciale, finanche i più remoti e sperduti viottoli di campagna scelti, significa stare in fila. Il che fa venire la scrofolosi ad entrambi. Per evitare questo pernicioso stadio clinico ho fatto una proposta al Gian: facciamo una cosa controcorrente, facciamo gli alternativi, restiamo a casa, riposiamoci dalle fatiche della settimana, godiamoci la pace domestica, evitiamo di alzarci all’alba e stare in coda all’andata ed anche al ritorno. Dovrò smetterla con ‘sta cosa della pace domestica, ed insistere per restare in coda sotto al sole cocente, a mane ed a sera. Almeno non starò a casa a fare macchinate di bucato, a stirare, ad occuparmi del guardaroba e della casa: è che proprio non ci so stare, seduta placidamente sul divano, a godere la pace domestica. Tra una faccenda di casa e l’altra, mi è venuta l’idea di portare in tavola gli spaghetti alla puttanesca. Non ho proprio idea del perché questo fantastico piatto sia intitolato in siffatto modo, diciamo, poco comme il faut. Se qualcuno è in grado di rischiarare codeste tenebre... lo faccia, please!
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SPAGHETTI ALLA PUTTANESCA
domenica 10 maggio 2009