a casa di ross
a casa di ross
Antonio Vivaldi è stato scoperto e valorizzato circa un secolo fa. Erano note, sì, alcune sue composizioni, nella fattispecie alcune trascrizioni postume che ne avevano però falsato lo spirito e la lettera. Dalla polvere degli archivi è riemersa la sua biblioteca personale, che includeva centinaia di concerti, sinfonie, sonate, opere, cantate sacre, melodrammi, testimonianza di una creatività intensa, impetuosa. Questa documentazione autografa ed eccezionale è stata salvata due volte: la prima grazie all’intervento di un musicologo illuminato e due facoltose famiglie, che hanno assicurato tutte le carte alla Biblioteca Nazionale di Torino, sottraendole ad un destino di dispersione; la seconda volta, dopo la seconda guerra mondiale, grazie ad Antonio Fanna, Angelo Ephrikian e Gianfrancesco Malipiero, i quali riuscirono ad avviare la prima edizione completa delle composizioni strumentali e di una buona parte delle musiche religiose del “Prete Rosso”, per via del colore dei capelli.
Antonio Vivaldi nacque a Venezia il 4 Marzo 1678, da un barbiere originario di Brescia (al tempo facente parte del territorio della Serenissima) e da Camilla Calicchio, sua moglie. Venezia a quel tempo era la capitale di una repubblica indipendente e sovrana da secoli, che teneva orgogliosamente e dignitosamente testa ai grandi stati nazionali, e teneva testa, coraggiosamente anche all’impero ottomano. Venezia però, nel corso del ‘700, pian piano era scivolata al rango di potenza secondaria, ma conservava tradizioni e retaggio, e dove si potè osservare, una fioritura straordinaria di pittura, teatro e musica, al passo con la scoperta del piacere di vivere (i luminosi quadri del Canaletto, per esempio, le commedie brillanti di Goldoni e le musiche di Benedetto Marcello, Galuppi, Domenico Scarlatti, Vivaldi), là dove si vide una spettacolare moltiplicazione di teatri e di spettacoli. Charles de Brosse, giovane e brillante gentiluomo francese scrisse nel 1739 che la passione dei veneziani per la musica era incontenibile: si faceva musica ovunque, non solo nei teatri o nei palazzi aristocratici, ma anche nelle chiese e nei salotti privati, nei conservatori, asili di ragazze abbandonate e povere, che erano dei vivai di giovani talentuose. La splendida basilica di San Marco ospitava la massima e prestigiosa istituzione, la “schola cantorum” dogale, rafforzata da strumentisti e musicisti di prima grandezza: era lo Stato, laico, che, esente da lacci ecclesiastici, fungeva da munifico mecenate.
Vivaldi ricevette la tonsura dal patriarca di Venezia all’età di 15 anni e, dieci anni dopo, venne consacrato sacerdote; sebbene ascritto, come sacerdote, alla chiesa di San Geminiano e poi a quella di San Giovanni Novo, non esercitò il sacro ministero. Carlo Goldoni, testimoniò che comunque Vivaldi non abbandonò la pratica della lettura quotidiana del breviario, imposta a tutti i sacerdoti dal Concilio di Trento: Vivaldi dichiarò di essersi ammalato di cuore un anno dopo l’ordinazione, e di non essere stato più in grado di celebrare messa, solendo uscire di casa solo in gondola od in carrozza. Il che non gli impedì di dirigere, suonare, viaggiare). Divenne pertanto insegnante di violino, con un salario mensile di cinque ducati, presso il Conservatorio di Santa Maria della Pietà, un’istituzione fondata nel Trecento per l’assistenza alle ragazze orfane, che studiavano musica e canto. I veneziani si spostavano addirittura da un conservatorio all’altro per seguire le cantanti e musiciste più virtuose, presenti anche tra le monache, mai sazi di musica e di canto. Vivaldi si trasferì per un breve periodo a Vicenza, dove esordì con l’opera Ottone in villa, nel 1713, per poi rientrare a Venezia nel 1716, perché la sua musica era richiesta e riscuoteva lusinghieri successi. Federico Augusto III di Sassonia gli commissionò dei concerti, il Langravio d’Assia gli conferì il titolo di Maestro di Cappella e di Camera, l’ambasciata di Francia a Venezia gli ordinò una Serenata Gloria ed Imeneo, per celebrare le nozze del re Luigi XV, mentre l’imperatore Carlo VI d’Asburgo lo volle alla sua presenza per intrattenerlo in conversazioni musicali, nel 1728. Vivaldi si divise così tra Firenze, Mantova e Roma, dove, nel 1724, al Teatro Capranica furono rappresentate Ercole sul Termodonte ed altre due opere, e fu anche a Verona, Ferrara, Milano e Praga. Fu costretto ad abbandonare Ferrara dal Cardinale Ruffo, che non voleva permettere al prete concubinario di esibirsi, a causa del lungo rapporto con Anna Giraud, la cantante che lo accompagnava ovunque e che lui imponeva come interprete delle proprie opere (Annina del Prete Rosso, veniva chiamata). Nel 1740 abbandonò ogni funzione alla Pietà, per andare, l’anno successivo, a Vienna. Ma Carlo VI morì, scoppiò la guerra di successione, Vivaldi si ammalò e non fu in grado di raggiungere Dresda e la prestigiosa musicale corte di Sassonia. Morì, povero, l’anno seguente, malgrado le ricchezze accumulate (venne calcolato un patrimonio di circa 50 mila ducati), a causa della grande prodigalità, il 28 Luglio 1741, a soli quarantatre anni, compianto e definito incomparabile suonatore di violino non solo da Carlo Goldoni, da Johann Friedrich von Uffenbach, che lo ascoltò a Venezia e lo definì entusiasmante, opinione condivisa anche dal nobiluomo Piero Gradenico, musicista.
Venezia ha una particolare atmosfera, dovuta alla dominante dell’elemento acqua, con il moto continuo dell’acqua e dei suoi riflessi, che conferisce alla città un’atmosfera magica, di movimento nell’immobilità. Si ha la sensazione che questo elemento liquido sia presente anche nella musica di Vivaldi, e definisca peraltro il carattere della cantabilità veneziana. Che si sente nei movimenti lenti dell’Estro armonico, per esempio, nelle lunghissime frasi melodiche sopra l’accompagnamento ritmicamente statico ma armonicamente mutevole ed aereo. Esiste in Vivaldi una dimensione “ondeggiante” che richiama Venezia, e che caratterizza la musica della gloriosa scuola veneziana, fondata nientemeno che da Monteverdi, dai due Gabrielli, e che contò, tra gli altri, Albinoni, Benedetto Marcello, i due Scarlatti e Pergolesi, tanto per citare alcuni nomi. Vivaldi è noto soprattutto per “Le Quattro Stagioni”, mentre si ignora la vasta produzione teatrale e strumentale. Segnalerò pochi dischi, dunque, tra la grande disponibilità discografica, per non essere dispersiva:
I concerti da Camera, eseguiti dal gruppo del Concerto Armonico diretto da Giovanni Antonini e registrati con l’etichetta della Teldec.
I concerti dell’Estro Armonico, eseguiti dall’Academy of Ancient Music diretta da Christopher Hogwood con l’etichetta della Decca (cofanetto con 6 cd).
I concerti per violino, eseguiti dalla solista Viktoria Mullova e dal gruppo del Giardino Armonico condotto da Giovanni Antonini, con l’etichetta Onyx.
Il cimento dell’Armonia e dell’Inventione: i Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone, con l’etichetta Aspex, (cofanetto con due cd).
MUSICA, MUSICA...
venerdì 5 giugno 2009