A CASA DI ROSS
A CASA DI ROSS
Per consolarmi dalle pene pilifere, Joannes Carolus mi ha accompagnato all’Auditorium per un concerto di Beethoven, nella fattispecie tre quartetti eseguiti dal Quartetto Artemis. Ho molto gradito la cosa, anche perché ho frequentato poco Ludwig Van, ultimamente, e perché conosco meglio i suoi primi lavori che gli ultimi. Prima del concerto abbiamo fatto una puntata alla libreria dell’Auditorium, dove mi sono persa nel reparto dei dischi di musica antica, e poi nel reparto di libri dedicato alle biografie dei musicisti, là dove sono stata presa per la manica e trascinata via prima di acquistare mezza libreria. Bellissima, la sala Sinopoli, calda ed accogliente, proprio come deve essere una sala da concerti da camera, ricca di legno pregiato per via dell’acustica e dal piacevole colore ambrato. L’unico scomodo mi pareva proprio Joannes Carolus, che non si dava pace per il fatto di non sapere dove mettere le gambe, per via del poco spazio tra una poltroncina e l’altra. Io invece, comoda nella poltroncina di velluto rosso, mi sono immersa nell’ascolto dei tre quartetti: il primo, op.18 n°1, ancora vincolato alle matrici codificate da Haydn e Mozart ma già beethoveniano, per via della tendenza ad inserire nell’organizzazione razionale musicale elementi di contrasto e di impeto; l’altro, l’op. 95, bello, corposo e classico, perfetto nella forma sonata. Dopo l’intervallo è arrivata l’intensa esecuzione del quartetto più atteso, l’op.132, in la minore, geniale, coinvolgente, che sembra scritto da un musicista del XIX secolo, tanto è sorprendentemente innovativo. Per vari motivi: perché Beethoven non era un tipetto meditativo e calmo, tutt’altro: la sua musica, specialmente le opere finali, riflette molto la sua vita, segnata da problemi affettivi, un ambiente familiare di origine triste, problematico, che è all’origine del suo carattere aspro, difficile. Conscio dell’originalità, della sua forza, nell’ultimo periodo della sua vita il compositore infranse e travolse alcune regole accademiche, abbandonando gli schemi formali classici anche se non arrivò a concepire la musica come una confessione intima ed immediata, guidata dalla fantasia. Gli ultimi quartetti, scritti nel 1822 da Beethoven, su commissione del principe Galitzin, che glieli pagò 50 ducati a quartetto, riflettono un periodo tristissimo per Beethoven e sono considerati dei capolavori assoluti di intensità, di profondità metafisiche, perché risentono delle drammaticità di quel momento, in cui i suoi contatti con il mondo, in quegli ultimi anni, erano affidati ai taccuini, sui quali si snodavano le conversazioni con i suoi interlocutori. Solo, sordo, deluso negli affetti, Beethoven si ripiegò su stesso, nella propria concentrazione interiore, e probabilmente questa fu una delle cause per le quali si allontanò dagli schemi formali tradizionali. Possiedo il Cd dei quartetti di Beethoven, eseguiti dal Tokio String Quartet, che dà una lettura tutt’altro che meditativa e rarefatta del quartetto op.132; ma, resta per me insuperabile, la versione incisa dal leggendario Quartetto Italiano (Decca), molto raffinata ed elegante. Stasera i solisti del Quartetto Artemis hanno dato una interpretazione molto intensa ed appassionata, specialmente del terzo tempo del quartetto op.132, il più misterioso, arcano, sognante, lirico, che mi è piaciuta molto. Cliccando qui troverete il profilo dettagliato del Quartetto Artemis, considerato uno dei migliori al mondo, formato da Natalia Prischepenko al violino, Gregor Sigl al violino, Friedemann Weigle alla viola, Eckart Runge al violoncello.
Cliccando sulla foto accedere alla pagina con le foto della serata.
Natalia Prischepenko: violino (alternato)
Gregor Sigl: violino (alternato)
Friedemann Weigle: viola
Eckart Runge: violoncello
Il Quartetto Artemis, fondato nel 1989 da quattro studenti della Musikhochschule di Lubecca, suona fin dal 1994 nella stessa formazione. Hanno studiato con Walter Levin a Lubecca e con il Quartetto Alban Berg a Colonia; si sono poi perfezionati con i Quartetti Emerson e Juilliard negli Stati Uniti.
Dopo aver vinto nel 1995 il 1. Premio al Deutsche Musikwettbewerb di Bonn, nella stagione 1996/97 il Quartetto ha ottenuto il 1. Premio in due importanti concorsi internazionali: ARD di Monaco e Premio Paolo Borciani di Reggio Emilia, dando così il via ad una carriera internazionale.
Attualmente il Quartetto Artemis viene considerato uno dei migliori del mondo.
Malgrado l’immediato successo, l’Artemis ha anteposto alla carriera il lavoro di approfondimento del repertorio e si è trasferito nel 1998 a Vienna per studiare sotto l’esperta guida del Quartetto Alban Berg. Inoltre ha accolto nel marzo 1999 l’invito dell’Accademia Scientifica di Berlino per un trimestre di studio intensivo e di scambio con illustri personalità di altre discipline. Ha poi ripreso l’attività concertistica debuttando con i Berliner Philharmoniker nel giugno 1999.
Per alcuni anni il Quartetto ha organizzato un ciclo di concerti alla WDR (Radio della Germania Occidentale) di Colonia, a cui ha fatto seguito nel 2004 una serie con i Berliner Philharmoniker. Nel periodo 2003/05 la BBC Radio 3 ha invitato i quattro musicisti a prender parte alla serie “New Generation Artists Scheme”, con concerti e registrazioni in varie città del Regno Unito.
Benché la loro agenda li veda impegnati nei centri musicali più importanti di Europa, Stati Uniti, Giappone, Sud America e Australia oltre che nei più prestigiosi Festival, si dedicano con passione anche all’insegnamento. Dal semestre estivo 2005 i quattro musicisti sono Visiting Professors per la musica da camera presso l’Università delle Arti di Berlino, stesso ruolo che rivestono al Conservatorio Reine Elisabeth di Bruxelles.
Sin dall’inizio hanno dato una forte priorità alla collaborazione con grandi musicisti come Sabine Meyer, Juliane Banse, David Geringas, Leif Ove Andsnes, Elisabeth Leonskaja. Oltre al classico repertorio per quartetto d’archi, il Quartetto Artemis frequenta anche la musica contemporanea: nel corso della stagione 2004/05 hanno eseguito due prime mondiali di opere commissionate a Mauricio Sotelos e Jörg Widmanns.
Il Quartetto Artemis si è imbattuto nel cinema quasi all’inizio della carriera, prima come musicisti ospiti insieme al Quartetto Alban Berg nel film di Bruno Monsaingeon La Morte e la Fanciulla (EMI, 1996) e successivamente nel film Strings Attached dello stesso regista, incentrato sulla loro interpretazione della Grosse Fuge op. 133 di Beethoven e prodotto dalla WDR nel 2001.
Nel 2005 il Quartetto Artemis ha firmato un contratto in esclusiva con la Virgin/Classics, che prevede 10 nuove registrazioni in 5 anni. La prima incisione, pubblicata nell’ottobre 2005, è una riedizione dei Quartetti per archi di Ligeti e una nuova registrazione dei Quartetti op. 59/1 e 95 di Beethoven, seguendo un preciso progetto in continuità con i primi dischi per l’etichetta Ars Musici. Su questa linea le programmate ristampe dei Quartetti op. 18/2, 59/3, 131 e 132 di Beethoven, già considerate dai critici musicali come dischi “di riferimento”. A marzo 2006 è stato pubblicato un CD con i Sestetti per archi di Schönberg, Berg e R. Strauss, ospiti Valentin Erben e Thomas Kakuska in una delle sue ultime esecuzioni.
L’ Artemis è stato il primo quartetto d’archi nella storia del premio a vincere nel 2001 il Preis für Musik des Verbandes der Deutschen Kritiker.
Il CD con la registrazione dei Quartetti op. 59/3 e 132 di Beethoven ha vinto nel 2000 il Sonderpreis des Deutschen Schallplattenpreises e nel 2002 si sono aggiudicati due volte il Diapason d’Or (Beethoven e Ligeti). Nel 2003 sono diventati membri onorari dell’Associazione della Casa di Beethoven a Bonn per la loro interpretazione di opere beethoveniane e nel giugno 2004 hanno ricevuto il 23° Premio Internazionale dell’Accademia Musicale Chigiana di Siena.
Beethoven compose questi quartetti nella sequenza 12, 15, 13, 14, 16; i quartetti 15 e 13 furono scritti nello stesso periodo di tempo, quasi contemporaneamente[senza fonte]. I primi tre quartetti (12, 13 e 15) furono commissionati nel 1822 dal Principe Nicholas Galitzin, che in una lettera datata 9 Novembre 1822 ne propone la realizzazione a Beethoven: “...uno, due o tre nuovi quartetti, per la qual fatica, – precisava Galitzin - sarei felice di pagarle quanto lei considera giusto”. Beethoven, nella sua risposta, accettò e fissò il costo in 50 ducati per ogni quartetto[1].
SERATA MUSICALE
mercoledì 20 gennaio 2010