a casa di ross
a casa di ross
Il Manuale di Nonna Papera è stato il mio primo ricettario di cucina. Ero una ragazzina di prima media, quando ho cominciato a spadellare in cucina, (per la cronaca e per la precisione, perché lo ricordo nitidamente e precisamente: la prima cosa in assoluto che ho cucinato sono state le frittelle, in occasione del Carnevale, a casa di una compagna di classe, senza genitori ad intralciarci; abbiamo combinato un mezzo macello ma siamo riuscite nell’epica impresa). Sono quindi molto affezionata a quel manuale, che ha attraversato con me mari e monti, subendo traslochi, sempre protetto da una copertina di plastica trasparente. L’anno scorso mi tornò in mente, come la canzone di Battisti, e chiesi alla mia serena metà se per caso fosse in casa, o fosse finita in soffitta in seguito all’ultimo trasloco. Joannes Carolus aggrottò le sopracciglia e si grattò pensosamente la testa, nello sforzo di ricordare la cosa e, dallo sguardo che ci scambiammo, fu chiaro che del Manuale non avevamo certezza. Dopo un rapido esame della biblioteca andammo in soffitta, ad aprire otto scatoloni otto pieni zeppi di libri; con una pazienza certosina li aprimmo tutti e li svuotammo per poi riempirli ancora e sigillare gli scatoloni, senza trovarlo. A quel punto mi prese l’ansia e cominciai a scaraventare per aria tutti i volumi accumulati sopra l’armadio di camera nostra e tutti gli altri scaffali. Niente. Disperata, andai a guardare in tutti i posti possibili e remoti della casa, che non essendo Buckingham Palace, esaurii in breve tempo. Stanca, sudata, afflitta, ormai in gramaglie, alzai gli occhi sulla biblioteca gastronomica, che avevo già passato in rassegna all’inizio del pomeriggio. E lo vidi. Era lì, era sempre stato lì, a portata di mano, proprio nella mensola sopra ai libri che consulto quotidianamente. Lo presi in mano, lo sfogliai, cinguettando e ballando di gioia, mentre Joannes Carolus ebbe un attimo di sconforto, al pensiero di un pomeriggio domenicale passato a ravanare negli scatoloni in soffitta ed in serrata perlustrazione domestica. Si lo so, io stessa mi sarei detta “Ma te possino... “, però ero così felice, così felice di aver ritrovato il compagno di tanti pomeriggi in cucina... che mi son dimenticata dell’affannosa ricerca e del tempo sprecato a respirare polvere in soffitta ed in casa. Anyway, mi ero riproposta di preparare alcune cose, poi è arrivato Natale, poi è iniziato il corso professionale, poi sono successe altre cose ed ho sempre rimandato. Siccome ieri mi è capitato in mano, l’ho sfogliato per vedere cosa avrei potuto preparare. Ed ho deciso, of course, di preparare le ciambelline di Paperina... come avrei potuto non farlo? L’unico inconveniente è che in casa non avevo le ciliegie candite, e siccome diluviava e non avevo voglia di andare in giro a prendere acqua per raggiungere il supermercato senza avere neanche la certezza di trovarle, ho usato le poche nocciole che erano sopravvissute ad una “visita” di Joannes Carolus. So che molti si aspettano, da una pasticciera professionista, qualcosa di più spettacolare e tecnico... E sarò pure una pasticciera professionista, epperò anche le pasticciere hanno un cuore, e le ciambelline della Paperina mi ricordano un periodo bello della mia vita e, particolare non secondario... sono davvero buone!
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CIAMBELLINE DI PAPERINA
martedì 11 maggio 2010