a casa di ross
a casa di ross
Sono cresciuta a pane e Puccini; in casa era amatissimo, eseguito, ascoltato, suonato, cantato da tre generazioni: Bohéme, nel lontano 1916, era stata la colonna sonora che aveva accompagnato l’inizio della storia d’amore tra mio nonno, il Decio, e la nonna Olga, ma ancora prima di quella data, nel salotto della grande casa della mia bisnonna paterna (la nonna Celuta), troneggiava un bellissimo pianoforte a coda; mio padre è stato un discreto pianista, in gioventù al punto da scrivere alcune canzoni jazz, delle quali conservo ancora gli spartiti; mentre mio nonno, il Decio, aveva un enorme registratore a bobine, che metteva in funzione, così che noi si passava pomeriggi interi ad ascoltare differenti versioni di uno stesso concerto (il suo preferito era il quinto concerto per pianoforte di Beethoven), per allenarmi alle differenze di esecuzione, ascolti che poi davano la stura ad interminabili discussioni su Benedetti Michelangeli, Horowitz e Pollini. Siamo stati, (io un po’ meno, a, dir il vero, poiché mi sono allontanata dalla tradizione familiare, preferendo la musica del periodo rinascimentale) una famiglia di melomani: spesso tra mio padre ed il Decio c’erano scambi di battute, citazioni, che li denunciavano pubblicamente come malati di opera: poteva succedere che, al momento di accomiatarsi, uno dei due prorompesse in un “Ebben, ne andrò lontana”, al che la risposta giungeva pronta: “Come l’eco della pia campana“; quando cercavo qualcosa, potevo sentirmi dire da mio padre: “Cercar che giova, al buio non si trova”, al che rispondevo subito: “Ma per fortuna è una notte di luna”; a “Dammi il braccio mia piccina”, partiva immediatamente, automaticamente un “Obbedisco, signor” e così via. Insomma, un vero gergo da melomani, sempre condotto con celia e tono scherzoso, un botta e risposta che disorientava coloro che non erano avvezzi al pittoresco linguaggio operistico, e che ci faceva apparire alquanto eccentrici. Ci fu un piccolo scandalo in famiglia quando tradii Puccini per Rossini, che trovavo e trovo meraviglioso, e poi per le opere di Mozart: scelte seguite da discussioni infinite, che però non mi fermarono nel seguire la strada che poi mi ha portato, via via sempre più indietro nel tempo, da Vivaldi a Bach, sino a Monteverdi e poi ancora più indietro: melodie meravigliose che però farebbero sobbalzare mio padre e mio nonno, che raramente si schiodavano da Puccini, Chopin e Brahms. Proprio ascoltando l’adorato Rossini ho confezionato codesti micro panini, utilizzando il lievito madre avanzato dal confezionamento dei panettoni: sono dei veri e propri bocconcini di pane, che si possono portare in tavola così come sono, ma che possono anche diventare degli appetizer: basta aggiungere all’impasto dei cubetti di speck, pezzetti di olive, pezzetti di peperoncino, ma anche dadini di groviera per offrire sul tavolo del buffet qualcosa di speciale...
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MICRO PANINI (CON LIEVITO MADRE)
martedì 20 dicembre 2011