Come tante altre signore, non potendo traslocare, ogni tanto cambio posto ai mobili (una volta sono stata talmente brava che il serenissimo Joannes Carolus, entrando nella nostra magione, ha avuto un momento di esitazione, come se avesse sbagliato appartamento). So di signore che hanno costretto i loro consorti a spostamenti faticosi di letti e divani, salvo poi accorgersi che la precedente disposizione fosse migliore (immaginando con quale allegrezza codesta considerazione, nonché il ripristino dello status quo ante sia stata accolta dai consorti in questione). Io, perlomeno, mi diletto di codesti esperimenti da sola, provando e riprovando soluzioni per migliorare l’estetica e la funzionalità di una stanza, ma soprattutto con la segreta speranza di riuscire ad introdurre, in una casa già segnata dall “horror vacui”, ulteriori suppellettili. Di solito, come oggi, il “raptus” inizia quando mi capita di cominciare ad osservare la stanza con occhio critico; il secondo step consistendo in un contare piastrelle e misurare mobili: iniziando quindi a spostare poltrone, divani, librerie, sempre più vorticosamente, sinché non sono soddisfatta: cosa che non sempre succede. Oggi, per esempio, non sono stata fortunata: la sistemazione progettata, dopo una sfacchinata biblica, non mi ha convinta; ho quindi proceduto a rimettere i mobili nella primigenia posizione, prima di entrare in cucina per preparare il pranzo. Oggi è stata una giornata ben fredda ed umida, cosa che mi ispira quasi sempre una calda minestra, che scalda la pettorina, come soleva sempre dire la zia Carmen, la mia zia canterina; una minestra partita per caso, per riciclare un bel po’ di brodo avanzatomi dal risotto di ieri, con le verdure annesse, che non volevo buttare: è bastato quindi aggiungere un poco di scarola e del sedano, per scodellare una gustosa, calda minestra profumata di buono e di casa. Dopo di che mi sono abbandonata a meditazioni e domande, tipo perché andare in palestra, quando c’è casa...

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