a casa di ross
a casa di ross
Oggi è stata una giornata africana, con un sole rovente ed il ghibli sahariano a rendere impossibile uscire all’aperto nelle ore centrali della giornata. Dopo pranzo, di fronte al condizionatore che stava rantolando perché non ce la faceva a rinfrescare il salotto, siamo fuggiti a rifugiarci al fresco del negozio svedese, uno dei pochi aperti oggi; ovviamente non pensavamo di essere i soli ad avere avuto codesta brillante idea, ma non eravamo preparati allo spettacolo che, già verso mezzogiorno, si è palesato davanti ai nostri occhi attoniti. Folle, orde di persone vocianti, si sono accatastate, ammucchiate, intruppate di fronte al ristorante ed al contiguo bar, occupando tutti i tavoli, le sedie disponibili del locale (che certo piccino non è) ed i posti in piedi persino. Io non so come siano riusciti a sfamare tutte quelle schiere di umanità, ‘ché alle 15,30, ripassati al bar per un altro paio di bottigliette d’acqua, abbiamo notato ancora gente che stava sedendo ai tavoli, vassoi in mano, per consumare pranzi ben poco leggeri: polpette e patatine, lasagne, purè di patate bollente ed altro che ci hanno fatto sudare solo al vederli (ieri sera, passeggiando per Trastevere in cerca di fresco, passando accanto ai tavoli esterni di un ristorante, abbiamo notato con orrore che un tizio si stava cibando di trippa: non siamo svenuti dal raccapriccio, ma ne stiamo ridendo ancora, al ricordo). Non dovevamo acquistare nulla; e già Joannes Carolus stava esultando: ma, uscendo, andati a fare un giro all’angolo delle occasioni, ho trovato una sontuosa stuoia di 2 metri per 3, alla quale stavo facendo la posta da tempo, in vendita alla metà del prezzo. Insieme a noi c’era una coppia, ad esaminare i tappeti, e, sia io che la signora eravamo lì a tastarli e rimirarli; siccome ognuno conosce i suoi polli, i nostri mariti si sono affrettati a chiedere ad entrambe dove mai li avremmo messi. E’ la domanda che fanno tutti i mariti, quando le mogli cominciano ad allungare occhi e mani su oggetti più o meno ingombranti da portare a casa, ricevendo in cambio risposte più o meno evasive e/o mugolanti (come nel mio caso). Per scorciare, abbiamo faticosamente portato a casa il gigantesco e pesante tappeto, per poi scoprire che, per sistemarlo, avremmo dovuto spostare il pianoforte, due divani, il mobile della televisione con annessi e connessi (due tonnellate di cavi ammalloppati ed intricati dietro allo stesso), il pesante tavolino di marmo e, dulcis in fundo, anche le casse dell’home theatre. L’impresa si è così rivelata ardua, erculea, ai limiti dell’impossibile: ed infatti abbiamo desistito, decidendo di portare la stuoia in tintoria per farla pulire, procrastinando a tempi più freschi la temibile sistemazione della bellissima stuoia desiderata. Per fortuna il serenissimo Joannes Carolus ha contenuto le sue manifestazioni di disappunto, perché soddisfatto del nostro pranzo, un ottimo risotto “alternativo”, dove ho usato il brodo di pesce della preparazione del risotto alla pescatora di domenica scorsa, che avevo congelato, limitandosi a sottolineare allegramente quanto io non sempre abbia molto chiari i concetti di area, spazio e volume d’ingombro...
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RISOTTO ALLA PESCATORA 2
domenica 21 agosto 2011