a casa di ross

a casa di ross
Sin da piccola ho fatto l'assistente a mio padre quando faceva l’idraulico, il meccanico o riparava qualcosa: so quindi com’è fatta una brugola, un dado a vite, il cosiddetto becco d’oca, che differenza passa tra un cacciavite a stella ed uno piatto, conosco tutti i vari tipi di pinze ed le differenti punte per il trapano, compresi i vari passi. Prendi l’arte e mettila da parte, recita l’adagio: infatti, mutatis mutandis, mi sono ritrovata a fare l’assistente al serenissimo Joannes Carolus, il quale, sin dagli albori del nostro matrimonio, tredici anni fa, ha assunto l’incarico di elettricista ed il montatore di mobili; posizionata attentamente sotto la scala, gli ho sempre passato gli strumenti richiesti come il ferrista fa con il chirurgo in sala operatoria, esattamente come facevo con mio padre. Dopo essere stati al negozio svedese, abbiamo acquistato una libreria che, essendo noi di molto creativi, abbiamo incredibilmente trovato il modo di sistemare in salotto. Mentre armeggiavamo tra cartoni, viti, brugole, dadi a testa incavata, foglio di istruzioni e pelosi che venivano a curiosare, è partito l’amarcord: ci è venuto in mente l’episodio occorsoci mentre montavamo il bellissimo, armadio laccato di bianco, in una delle camere da letto del nostro appartamento in montagna. Era filato tutto liscio, sin quando lo abbiamo faticosamente tirato su; solo che, particolare rilevante, ci eravamo lietamente dimenticati di mettere il pannello posteriore: quindi, non appena in piedi, la struttura ha ondeggiato paurosamente, e poi, con grande fracasso, si è schiantato sul pavimento. Il serenissimo ed io siamo rimasti attoniti per un paio di secondi, in silenzio, a contemplare le rovine fumanti, sentendoci un poco Stanlio ed Ollio. Con l’aplomb britannico che mi contraddistingue in codesti frangenti, ho tranquillamente informato Joannes Carolus che volevo constatare l’entità del danno per trovare il modo di ripararlo, facendogli strabuzzare gli occhi: ‘ché per lui ormai non restava altro che buttare tutto e ricomprare l’armadio, con notevole danno economico. Dopo aver esaminato con calma i rottami, gli ho suggerito di incollare le parti rotte, usando la colla a caldo, fissando quindi tra loro le gli angoli dell’armadio con dei ferri a L e viti a testa grossa, per terminare il restauro con l’inchiodare all’armadio ormai finito e provvisto di ante il terzo elemento, e poi di inchiodare entrambi i pannelli posteriori, in modo da fissare il tutto in unicum da qui all’eternità. Dopo un concitato andirivieni del serenissimo da casa al negozio di ferramenta per attrezzarsi appropriatamente di ciò che gli avevo indicato nella lista che avevo stilato ed un’ora di lavoro e sudore, siamo finalmente riusciti ad innalzare trionfalmente l’armadio, novello arco di trionfo dell’ingegnosità umana e sistemarlo; armadio che ancora oggi troneggia immacolato nella camera da letto degli ospiti, apparentemente intatto (‘ché bisogna aprire le ante ed esaminare accuratamente gli angoli frantumati per accorgersi dei marchingegni). In tanti anni di traslochi, montaggio e smontaggio di un sacco di mobili, quello è stato il momento più topico, realmente memorabile, che, per fortuna, non abbiamo più eguagliato: stasera la piccola libreria è stata montata rapidamente, dove poi abbiamo allogato la cinquantina di libri acquistati e non ancora letti (frutto della famosa SAC, la sindrome dell’acquisto compulsivo che mi affligge), sinora vistosamente impilati sul cassettone della nostra camera da letto. Evidentemente in preda ad ansia di rinnovamento della casa, stamattina ho rivoluzionato persino il balcone della cucina, sistemando piante, mobiletto e poltroncine in modo da avere più agio e spazio: che, ovviamente, non rimarrà spazioso ancora per molto, vista la nostra (ehm, la mia, in verità) formidabile propensione all’horror vacui...
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MIRSA GHASSEMI
venerdì 2 settembre 2011